Zone Umide

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    ecosistema

    Le zone umide

    IL Lago

    Sembra uno, ma in realtà sono quattro laghi, ognuno separato dal successivo da una lingua di terra e ghiaia. Sul margine orientale del primo dei quattro laghi vi è una costruzione in legno da dove è possibile osservare discretamente lo specchio d’acqua ed i suoi ospiti. E’ quindi il momento di fare molta attenzione a non produrre rumori che possano allontanare i selvatici.

    Popolato nel corso di tutto l’anno da alcune specie di avifauna acquatica stanziale come germani, folaghe, gallinelle, martin pescatore, airone bianco maggiore e cenerino, questo enorme stagno deve alle sue caratteristiche naturali la varia e numerosa presenza di uccelli.

    E’ infatti la buona distanza tra le rive opposte, la bordura di canneto, l’estensione dei bassi fondali fangosi, la copertura boschiva ai lati e la vicinanza di prati stabili dove pasturare che mettono il “Lago Nuovo” in condizione di ospitare, durante i passi migratori e lo sverno, molte specie in transito o in sosta prolungata.

    Partendo dalle zone più esterne l’ecosistema che si incontra è quello del bosco igrofilo, piuttosto ristretto e localizzato, ma interessante per la sua connotazione ecologica e per l’effetto diversificante prodotto sull’ambiente.

    Lo strato arboreo raggiunge altezze poco elevate, trattandosi generalmente di piante di giovane età; salici bianchi (Salix alba), saliconi (salix cinerea), pioppi (Populus alba) e frassini (Fraxinus excelsior). Fra queste piante è poi quantitativamente notevole la presenza di piante lianose e sarmentose come il vilucchione (Calystegia sepium), l’edera (Hedera helix) ed il luppolo (Humulus lupulus). Invece fra le essenze che crescono al margine dell’acqua, nei punti periodicamente sommersi ma che rimangono all’asciutto nella stagione secca, si riconoscono l’invasiva forbicina peduncolata (Bidens spp), il pepe d’acqua (Polygonum hydropiper) ed il centinodio (Poliygonum spp.), mentre laddove l’acqua è presente tutto l’anno abbondano la canapa acquatica (Eupatorium cannabium), l’aparine (Gallium aparine) e il giglio giallo o d’oro (Iris pseudacorus), pianta nobile che venne assunta a simbolo dei regali di Francia già verso la fine del V secolo.

    Nel centro dello specchio d’acqua, abbassando il livello generale dell’acqua, e impiantando sui fondali emersi varie essenze igrofile, si è creato, nel volgere di 10 anni, l’isolone del Lago, rifugio dei caprioli e luogo di “spiuma” per le anatre.

    Posto nella parte centrale del bacino questa lingua di terra a forma di croce è costituita da un terreno ghiaioso completamente ricoperto di giunchi, cannucce di palude (Phragmites australis) e carici (Carex spp.). Alcuni anni fa, quando l’apporto ed il livello d’acqua del lago era costante, si trattava di un canneto ben esteso dove nidificavano fino a due coppie di tarabusini, alcune gallinelle d’acqua ed addirittura la cannaiola, passeriforme legato, come dice il nome, a canneti, cariceti o tifeti di buona estensione.

    Negli ultimi anni purtroppo le irregolari chiusure del Villoresi hanno causato forti cambiamenti nel livello del lago, le piante ne hanno sofferto e alcune specie hanno abbandonato l’area. Presenti tutto l’anno nel “Lago Nuovo” sono gli aironi e i germani reali. Le coppie nidificano nei canneti dell’isola, al sicuro fra i giunchi da corde (Schoenoplectus lacustris), i coltellacci (Sparganium erectum), gli zigoli comuni (Cyperus longus), gli equiseti (Equisetum spp.), la lisimacchia (Lysimachia vulgaris) e la salcerella comune (Lithrum salicaria).

    Le uova biancastre sfuggono allo sguardo delle cornacchie grigie grazie ai colori mimetici della femmina che, covando, copre il nido. Eppure quando i piccoli anatroccoli abbandonano il sito di nascita e conquistano la superficie del lago sulla scia della madre, il pericolo insolitamente non viene dall’alto, bensì dal basso. Invertendo un ruolo usuale, che vede i pesci predati da uccelli acquatici, grossi persici trota attaccano dal basso i giovani pulcini, attendendoli immobili, nascosti fra le larghe foglie natanti della ninfea bianca (Nymphaea alba) e gli steli dei nannuferi (Nuphar lutea).

    Quando il Lago Nuovo è al colmo della sua capienza un condotto permette all’acqua in eccesso di fluire verso due piccole paludi, dette anche lanche, appositamente create negli anni ’90 per variare ulteriormente gli habitat offerti dalla riserva naturale.

    In queste un sottile strato d’acqua copre a tratti il terreno, rendendolo umido e pantanoso, e rende così possibile la vita per specie particolarmente esigenti come i limicoli, i piccoli trampolieri del fango. Negli anni nelle paludi di Vanzago si sono soffermati durante la migrazione albastrelli, pettegole, il piro-piro culbianco ed il piro-piro boschereccio, mentre, invogliati dall’abbondanza di invertebrati e da nicchie sicure, vi hanno nidificato successivamente il piro-piro piccolo, il corriere piccolo e la cutrettola.

    Ma il vero ospite d’eccezione di questi ambienti d’acqua bassa è la tartaruga palustre (Emys orbicularis), ormai estinta da molti bacini della pianura padana e presente nell’oasi con alcuni esemplari in seguito alla fortunata reintroduzione di alcuni esemplari negli anni ’80 e ‘90.

    IL canale villoresi

    Altra caratteristica di enorme importanza del bosco di Vanzago è la presenza al suo interno di due laghi ed alcune aree umide.

    L’acqua è un enorme magnete per la vita ed intorno ad essa convergono e si consolidano ricchissime comunità di piante, insetti e vertebrati. Per questa ragione negli ultimi decenni le politiche di conservazione della biodiversità si sono focalizzate non solo sulla tutela, ma anche sulla ricreazione di aree umide, condannando come sostanzialmente deleteria l’antica prassi delle bonifiche.

    Ora, il “Bosco WWF di Vanzago”, situato tra i fiumi Olona e Ticino, si trova in una posizione scomoda dal punto di vista dell’approvvigionamento idrico, ubicandosi al limite superiore della fascia dei fontanili, con una sola risorgiva presente nel territorio, inattiva già da prima del 1920. Vi è invero una falda a 50 metri di profondità, dalla quale pesca una pompa idrovora utilizzata per tentare di mantenere il livello medio d’acqua nei laghi, ma il pescaggio non può certo mantenere i 9 ettari di bacini lacustri. Fortunatamente la riserva naturale è inserita in una vasta zona agricola irrigata da una fitta rete di canali, alimentata dal canale Villoresi.

    Ecco qui dunque la provenienza: tutta l’acqua che va a riempire i bacini della riserva, dai laghi, alle lanche, ai piccoli canali, ha come origine comune una conduttura secondaria del grande Villoresi che scorre nelle campagne vicine all’oasi.

    La massa liquida del Villoresi proviene dal fiume Ticino, dal quale il nostro canale si distacca in prossimità dell’uscita del fiume dal Lago Maggiore: la natura di questa provenienza assicura la buona qualità dell’acqua che vi scorre. Da questa via d’acqua secondaria, che attraversa l’area protetta con una larghezza di circa 3 m  ed una profondità di 1 m, si distacca, a sua volta, una piccola condotta che alimenta il “Lago Vecchio” e da qui, seguendo la naturale pendenza del terreno, le “Lanche” ed il “Lago Nuovo”.

    tritone bosco wwf vanzago

    Tutti gli specchi d’acqua sono così legati in un unico sistema idrico, rendendo possibile lo spostamento dei pesci da un invaso all’altro.

    Diversamente dai laghi dove l’acqua ristagna tranquilla, la corrente del Villoresi corre rapida, a tratti impetuosa. È un ambiente molto ossigenato che favorisce essenze acquatiche come la brasca (Potamogeton nodosus), l’elodea (Elodea canadensis), nonché l’erba gamberaia (Callitriche hamulata), indicatrice della buona qualità dell’acqua.

    Accanto ad essa si riscontra l’esistenza di pesci piccoli dalle forme slanciate o appiattite, adatte a vincere la sensibile forza dell’acqua: si tratta di una fauna mista, invisibile tutto l’anno, che rivela la propria presenza soltanto in primavera e in autunno, durante il breve periodo delle “asciutte” effettuate per la pulizia del letto del canale. Nelle pozze che allora si creano, nuotano a decine, minuscoli pesciolini sorpresi dal calo improvviso del livello delle acque, durante i loro spostamenti stagionali da un bacino all’altro: branchi di  alborelle provenienti dalle acque profonde del lago Maggiore o del Ticino, o addirittura giovani trote che ancora popolano questo vicino grande fiume.

    Ancora più facile, quando l’acqua si abbassa, è scorgere alcuni abitanti stanziali del fossato: il ghiozzo, lo scazzone o i sottili cobiti, pronti a scomparire sotto le pietre del fondo, appena ci sporgiamo dall’argine.

    È proprio nelle spaccature degli argini in cemento, vecchi ormai di decine di anni, che trovano rifugio per l’inverno piccoli anfibi acquatici come il tritone crestato.

    Con la primavera in tutta la riserva naturale si assiste alla ripresa di ogni attività biologica da parte di tutti gli esseri viventi: le rive del Villoresi, sovrastate  dal verde dei sambuchi e dei gelsi, divengono il luogo ideale per avvistare diverse varietà di farfalle lombarde: la vanessa, il macaone, la cavolaia e, immobile in attesa della notte, l’esotico e gigantesco bombice dell’ailanto.