OASI

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    bosco wwf di vanzago

    La Riserva Naturale

    Migliaia di anni fa le foreste ricoprivano tutta la valle del fiume Po.
 Primi fra tutti, all’epoca delle ultime glaciazioni, si erano insediati i pini e le betulle, poi con il ritorno del clima più mite si espansero i faggi, le querce, gli olmi, i tigli.


    Il Bosco WWF di Vanzago è memoria di quei tempi antichi in cui le foreste ricoprivano la pianura padana.

    L’area protetta, gestita da Fondazione Wwf, è circa 200 ettari all’interno dei comuni di Vanzago, Arluno e Pogliano Milanese.
    L’Oasi comprende oltre al bosco anche due laghi, varie zone umide, stagni e pozze e diverse aree dove viene praticata l’agricoltura biologica.

    ecosistema oasi

    Ambienti e biodiversità

    L’area protetta naturale del “Bosco WWF di Vanzago” include diversi ambienti naturali, caratterizzati da ecosistemi differenti.
    In ognuno di essi vivono molte specie di animali e piante.

    mappa oasi wwf vanzago

    MAPPA DELL'OASI

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    PIano di Gestione
    Integrato

    PIANO INTEGRATO DELLA RISERVA NATURALE “BOSCO WWF DI VANZAGO”
    E DELLA ZSC/ZPS IT2050006 “BOSCO DI VANZAGO”

    la storia del bosco wwf di vanzago

    Migliaia di anni fa le foreste ricoprivano tutta la valle del fiume Po.

    Primi fra tutti, all’epoca delle ultime glaciazioni, si erano insediati i pini e le betulle, poi con il ritorno del clima a cicli più miti ed umidi si espansero i faggi, le querce, gli olmi, i tigli. Le prime civiltà che misero mano su questi boschi furono gli Etruschi, seguirono i Galli, che si insediarono nell’attuale milanese, e nel 222 a.C. i Romani, conquistatori di quella che allora portava il nome di Gallia Cisalpina.

    La pianura era già stata dissodata in quei secoli: villaggi, città, campi, strade e pascoli erano la caratteristica prima del paesaggio, ma i boschi erano altrettanto estesi ed ancora impenetrabili.

    Poterono vivere un secondo periodo di splendore, riguadagnando gli spazi perduti, durante i primi secoli del Medioevo grazie al regresso dell’economia ed al diminuire della popolazione umana abitante nelle aree rurali.
    I signorotti locali li considerarono propri e ne fecero delle bandite di caccia, luoghi dove poter esercitare in tutta tranquillità i propri giochi venatori. Solo nell’XI secolo ripresero a fiorire le attività economiche ed i commerci con la conseguenza di un forte impulso dato al disboscamento. I Comuni ed in seguito le Signorie incentivarono l’agricoltura, le bonifiche, la razionalizzazione dei sistemi di canalizzazione dell’acqua, così da avviare un processo di progressiva ed irreversibile riduzione della superficie boscosa del milanese e di tutta la Lombardia.

    Ciononostante gli alberi resistevano ancora, nei filari intorno ai fossi e alle strade, come anche in nuclei più ampi. Fra questi i bosconi di Cusago, Mantegazza e Vanzago erano ancora famosi nelle cronache rinascimentali per la loro estensione, selvatichezza, oltre che come luoghi eletti per le cacce ducali dei Visconti e degli Sforza.

    Risulta inverosimile oggi per chi conosce e vive intorno al capoluogo lombardo leggere nelle cronache milanesi fino a tutto il 1700 i nomi di Comuni come Arluno, Cuggiono, Lainate, Legnano e Rho associati all’immagine di boschi intricati e misteriosi dove si svolgono battute di caccia di giorni e giorni al fine di stanare lupi o sterminarne le cucciolate. Eppure c’era ancora posto per la natura selvatica duecento anni fa intorno a Milano.

    Ma la civiltà procedeva nel suo cammino e le foreste dovevano indietreggiare ancora un po’: se nel 1785 fra le pagine del Catasto dello Stato di Milano si legge come il 70% del territorio fosse occupato da arativi, il 16% da prati, risaie e pascoli e solo un ultimo 14% da boschi, con il 1900 i valori cambiano a scapito della terra e a favore del cemento. La vita della pianura padana prende definitivamente un cammino diverso per tutti, uomini, piante ed animali. L’agricoltura viene abbandonata, i centri abitati si espandono, insieme alla rete stradale ed a migliaia di anonimi insediamenti produttivi. Le ultime aree verdi sono occupate da zone grigie.

    Non vi è dubbio che Ulisse Cantoni sia stato uomo anomalo e audace, in controtendenza rispetto anche al “vissuto collettivo” che caratterizzava gli anni della sua vita.

    Il cacciatore Ulisse Cantoni ha fatto una scelta che non è facilmente riscontrabile, almeno in Italia, nella seconda metà degli anni ‘70 del secolo scorso, ma nemmeno ai nostri giorni. Infatti, effettuare un lascito testamentario a una associazione come il Wwf, da parte di un cacciatore, è sicuramente un fatto anomalo.

    Inoltre, è anomalo, ma anche audace che questo lascito al Wwf sia stato fatto, oltre che da un cacciatore, da un imprenditore che, non senza difficoltà nel corso di diversi decenni, ha realizzato una riserva di caccia di 80 ettari con laghi, zone umide, rimboschimenti realizzati con propri fondi in un contesto “sterile” di pianura caratterizzata da monocolture.

    Ma ancora un altro aspetto stupisce di Ulisse Cantoni: egli non è solo il cacciatore che lascia la propria riserva di caccia e i terreni agricoli al Wwf - associazione già nota per una politica “anticaccia” - per un totale di oltre 140 ettari. Ulisse Cantoni è anche un noto esponente locale della Democrazia Cristiana, il partito politico di Benito Zaccagnini, Mariano Rumor e Amintore Fanfani che intreccia la propria politica con quella delle gerarchie vaticane. Ebbene, Ulisse Cantoni, al contrario di come ci si sarebbe aspettato da un uomo democristiano e vicino alla Chiesa, non scrive un lascito testamentario per un istituto religioso come molti, in quel periodo storico del secolo scorso, hanno effettuato. Il lascito testamentario è a favore del Wwf, la più grande organizzazione mondiale per la conservazione della natura, fondata in Italia appena un decennio prima della data del testamento di Ulisse Cantoni.

    Per il Wwf Italia, quello di Ulisse Cantoni, è risultato essere il primo serio lascito testamentario a proprio favore, fortunatamente, seguito, appena qualche anno dopo, da quello di Lucia ed Enzo Bardoneschi a Valpredina in provincia di Bergamo e, successivamente, da quello di molti altri che hanno permesso all’associazione di salvaguardare lembi naturalisticamente interessanti che, diversamente, avrebbero seguito la triste sorte della maggior parte del territorio italiano oggetto di antropizzazione, speculazione, sfruttamento.

    Il Wwf, rispettando a pieno quanto scritto in testamento da Ulisse Cantoni: “Un’area protetta, possibile meta di visite e luogo di studio e ricerche”, oltre a istituire una propria Oasi è riuscito, nel corso degli anni, a includere il “Bosco Wwf di Vanzago” tra le aree protette della Regione Lombardia e tra le zone di protezione speciale e dei siti importanti dell’Unione Europea.

    Il “Bosco Wwf di Vanzago” è oggetto continuo di visite da parte di famiglie tutti i fine settimana dell’anno e meta di scolaresche e gruppi organizzati nei giorni infrasettimanali. Inoltre, è stato istituito un centro di recupero per animali selvatici tra i più importanti in Italia. Decine di studenti, sia universitari che di scuola superiore, effettuano i propri tirocini, tesi e ricerche scientifiche.

    La volontà di Ulisse Cantoni è continuamente onorata !

    ulisse cantoni vanzago Ulisse Cantoni a caccia nel bosco di Vanzago